di Massimo Brizzolara
Torna una ripubblicazione di un vecchio articolo apparso su Encyclocapranica nel corso dell'anno 2008
Da almeno sei secoli, la
religiosità e la socialità della Val d’Aveto, sono state fortemente
caratterizzate dal culto rezzoagliese verso San Terenziano.
Infatti in un calendario religioso cadenzato dalle festività patronali, delle
varie comunità parrocchiali, la festa del primo di settembre, era l’unica che
aveva l’afflato della religiosità universale, senza localismi. Era la
rappresentazione più autentica di un territorio, della sua gente e del loro
Santo.
Rispondo subito.
Non vorrei essere catalogato come "laudator temporis acti", ma basta leggere la descrizione che Giuseppe Fontana fa nel suo libro Rezzoaglio e Val d’Aveto (cap. XXVII)[1] - di una sagra rezzoagliese di fine ottocento, per rendersi conto, di come le feste patronali attuali (tutte indistintamente) siano qualcosa di completamente mutato. In meglio o in peggio lo stabilisca il lettore, in base a considerazioni, esperienze e ricordi, che non avrà difficoltà a trovare dentro di sè.
Ma chi era San Terenziano? Dove
ha vissuto? Quando e come, la sua fama giungendo sulle rive dell’Aveto, lo ha
consacrato protettore di questa comunità rurale?
Per tutto quello, che questa festività patronale ha rappresentato per chi mi ha
preceduto, proverò a rispondere a queste domande.
Le poche e frammentarie notizie sulla vita di San Terenziano sono racchiuse in
due opere:
- la Passio Sancti Terentiani,
- il Martirologio Romano.
Pur muovendoci sul terreno
franoso, della loro scarsa attendibilità (vedremo in seguito il perchè) dovremo
necessariamente trovare nelle medesime, qualche elemento oggettivo che ci
consenta di collocare il Santo nel suo tempo.
In realtà non ci sono prove documentali che certifichino le origini di San
Terenziano. Gli agiografi, essendo il suo nome latino, suppongono una origine
romana.
In soccorso di questa tesi, viene citato il fatto storico che il primo
imperatore romano Augusto (63 a.c. - 14 d.c.) mandò alcune famiglie a
colonizzare la Tuscia (l’attuale Umbria).
In particolare una numerosa colonia si stabilì nella zona di Todi. Tra questi
coloni ci sarebbero stati gli antenati prossimi di Terenziano.
Il futuro martire, dovette ben presto rivelarsi uomo di assoluto spessore e
fervida spiritualità, tanto da diventare il punto di riferimento religioso, di
quella comunità.
Eletto vescovo di Todi in età avanzata, Terenziano continuò la sua opera di
divulgazione della dottrina cristiana con passione e coraggio, utilizzando
peraltro una terminologia che senza volerla definire moderna, potremmo comunque
ritenerla inusuale per quel tempo.
E sotto la sua spinta propulsiva, la comunità cristiana cresceva nel numero e
nella consapevolezza del nuovo Verbo.
Naturalmente la contrapposizione con quella pagana era inevitabile e le invidiose
attenzioni di cui era fatto oggetto Terenziano, non tardarono a trasformarsi in
aperta avversione.
Le cose precipitarono quando l’imperatore Adriano, dal ritorno da un viaggio in
oriente, su sollecitazione del prefetto Mariano emanò un editto contro i
cristiani.
A quel punto il suo acerrimo avversario Flacco, sacerdote del tempio di Giove,
si sentì autorizzato a denunciare Terenziano all’imperatore stesso.
Inevitabile a questo punto, l’arresto del vecchio Vescovo, ad opera di Leziano,
proconsole della Tuscia. Terenziano non si scompone e tenta persuasivamente di
convertire lo stesso Leziano. Ma il proconsole risponde accusandolo di arti
magiche e facendolo torturare.
Il Vescovo non cede e non rinnega la sua fede.
Le torture aumentano e seppur con il corpo orrendamente mutilato, Terenziano
continua a pregare. Tanta forza interiore produrrà infine un risultato inatteso
e prodigioso: la conversione di Flacco. Che viene battezzato dallo stesso
Vescovo.
Ma alla fine di quel simulacro di processo a cui vengono sottoposti entrambi,
saranno condannati a morte e decapitati.
È il primo di settembre. E su questo punto concordano tutti. Più incerta è la
datazione.
Secondo la "Passio" il martirio sarebbe avvenuto "sub
Hadriano, 85 anni dopo la morte di Cristo". Mentre secondo il
Martirologio Romano, la morte del Santo sarebbe avvenuta intorno all’anno 138, "mediante
crudeli tormenti, la recisione della lingua e il troncamento del capo".
Tenendo conto d’inconfutabili dati storici,come la precisa databilità dell’impero
di Adriano, gli storici ritengono che il martirio possa essere avvenuto tra il
118 e il 137.
La tradizione racconta che la notte successiva al martirio, i due corpi furono
pietosamente trafugati dal "prete Esusperanzio e dalla piissima
Lorenza" e seppelliti a otto miglia da Todi in luogo chiamato Colonia, ma
meglio conosciuto come "locus petrosus" (luogo pietroso) per via dell’abbondanza
di travertino e pietra calcarea.
Da quel momento e per sempre, l’altopiano Petroso, prese il nome di San
Terenziano. Il paese omonimo è attualmente una frazione del comune di Gualdo
Cattaneo dal quale dista una quindicina di chilometri e conta un migliaio di
abitanti.
Tra i suoi monumenti più importanti c’è sicuramente la Chiesa di S. Terenziano
e Flacco (sec. XI), che ospita il sarcofago e il reliquario del Santo.
Ma ritorniamo al II secolo.
A quel tempo lo status di Santo, era riservato esclusivamente ai martiri. Non è
un caso infatti che le più antiche testimonianze di culto siano riferite a
loro. Lo stesso Santo Stefano d’altronde, è definito protomartire, poichè si
ritiene che sia stato il primo martire nella storia della cristianità. Non solo
ma è anche l’unico la cui "passio" sia stata narrata
dettagliatamente in un libro canonico come "Gli Atti Degli Apostoli".
Per tutti gli altri, compreso quindi il nostro san Terenziano, la narrazione
della loro eroica morte, veniva indicata con scarni ed essenziali dati nei vari
Martirologi.
Ma contemporaneamente alla diffusione della venerazione popolare, si afferma
nel clero l’usanza, di commemorare durante la messa, il santo di cui si
celebrava il "dies natalis", cioè l’anniversario del martirio.
Solitamente venivano declamate le cosiddette legendae, che erano dei
brani narrativi, che seguivano il filo logico degli accadimenti desumendolo da
atti, che potremmo definire ufficiali.
Purtroppo dopo poco tempo, questi racconti degenerarono nelle Passiones,
che altro non erano che amplificazioni romanzate dei fatti e basate più sull’immaginario
che sulla storicità. Spesso inoltre erano inframezzate dal racconto di straordinari
miracoli, allo scopo di accrescere nei fedeli l’ammirazione e lo spirito di
emulazione.
Così, con il viatico di questa oratoria, i santi entravano subito nella
leggenda perdendo ogni umana dimensione.
Ma per non discostarmi troppo dalla meta che mi ero prefisso, ritorniamo al
culto del vescovo di Todi.
Attingendo dall’Annuario delle Diocesi e del Clero d’Italia possiamo
approntare una mappatura nazionale, della diffusione del suo culto.
Oltre naturalmente a Todi e San Terenziano, troviamo una ventina di località.
Tra queste ben nove sono in provincia di Genova. E sette si trovano nelle
province di Parma e Piacenza, ma nell’arco appenninico che le divide dalla Val
d’Aveto. Sono dati oggettivi, ma nel contempo di difficile interpretazione
storica.
Quando, ma soprattutto come, la carismatica fama del Santo si è radicata così
significativamente nel genovesato e sulla dorsale dell’appennino
ligure-emiliana?
Sono domande a cui fornire una risposta certa è impossibile. Naturalmente
questo non significa, che non si possano individuare percorsi di ricerca,
ancorandoli in parte a qualche elemento storiografico e in misura maggiore al
ragionamento intuitivo più verosimile, ed è quello che mi appresto a fare, pur
consapevole dei rischi che questa scelta comporta.
Gli elementi fondanti ed imprescindibili delle mie tre ipotesi
storico-agiografiche sono: la via Frangigena, il vasto dominatus loci malaspiniano
e l’antica diocesi tortonese.
Prima ipotesi: la via Francigena
Nel medioevo, il viaggio a Roma
sulla tomba dell’apostolo Pietro, era uno dei tre pellegrinaggi maggiori,
insieme alla Terra Santa e al Santuario di Campostela.
Questo comportava inevitabilmente un massiccio flusso di pellegrini da tutta l’Europa.
Quelli provenienti dalla Francia cominciarono ad entrare in Italia attraverso
il passo del Monginevro e la strada che percorrevano iniziò a chiamarsi
Francigena, cioè dei francesi.
La via entrò a far parte di quel vasto sistema viario che collegava Roma con i
maggiori luoghi della cristianità del tempo. Ritengo assolutamente possibile
che la fama di San Terenziano, sia stata veicolata dai pellegrini che
rientravano da Roma dopo essere passati per l’antica Tuscia.
E molti transitavano anche sulle antiche strade del nostro appennino. Sia
perchè la val Taro si trovava sul percorso della via Francigena, sia per la
contemporanea presenza della cosiddetta via degli Abati, che altro non era che
un’importante deviazione dal tracciato principale, per raggiungere Bobbio.
A questo punto si potrebbe essere tentati di avallare legittimamente l’ipotesi,
che attraverso i devozionali racconti dei pellegrini, che facevano tappa negli hospitalis
medievali presenti sui nostri monti, il buon seme della Passio Sancti
Terentiani, abbia trovato terreno fertile nella nostra comunità
rezzoagliese.
Non solo, ma questa ipotesi si rafforza ulteriormente se proviamo a sovrapporre
la mappatura geografica del culto con i tracciati più importanti della via
Francigena.
Quest’ultima infatti (immaginando di percorrerla a ritroso, da Roma verso il
nord Europa) giunta in Lunigiana di divideva in tre rami principali: uno verso
il Gran San Bernardo, un’altro verso il Monginevro e il terzo verso la Liguria,
seguendo l’antico tracciato della via Aurelia.
Ebbene, nel tratto di quest’ultimo percorso, tra Lavagna e Genova, San
Terenziano viene festeggiato nelle seguenti località: Lavagna, Leivi, Recco,
Sori. Nel genovesato a Fumeri, Pino e Premanico.
Seconda ipotesi: i Malaspina
Come abbiamo avuto modo di
rimarcare nella precedente congettura, la Lunigiana era nel medioevo, un
importante nodo viario. E non ritengo affatto trascurabile nell’ambito della
nostra ricerca agiografica, rimarcare che nella frazione pontremolese di
Mignegno, vi sia un oratorio cinquecentesco dedicato al Santo, dove tuttora
viene solennemente festeggiato.
Non solo, ma nella torre campanaria della chiesa di San Giovanni Battista a
Chioso di Rossano, un’antica campana è fregiata da un bassorilievo raffigurante
San Terenziano Vescovo. È dunque ben documentato il culto verso il patrono di
Rezzoaglio. Che potrebbe essere giunto in questa zona, attraverso il medesimo
flusso di pellegrini, di ritorno da Roma, elemento centrale della precedente
ipotesi Francigena.
Ma non possiamo non evidenziare un’altro importante punto di contatto tra la Lunigiana
e la Val d’Aveto. Entrambe infatti fecero parte di quel vasto dominatus
loci, riconducibile alla feudalità marchionale malaspiniana.
Ma che collegamento possono avere la sagra patronale rezzoagliese e la
feudalità in Val d’Aveto?
A rendere suggestiva, questa coincidenza ci pensa Monsignor Bobbi nella sua
"Storia Ecclesiastica Diocesana" (citato da G. Fontana) quando
afferma con sufficiente sicurezza, che nel XIII secolo, i Malaspina edificarono
a Casanova in val Trebbia, una cappella dedicata per l’appunto, a San
Terenziano.
E che una delle dinastie feudali più inquiete e militarmente attive, possa aver
contribuito a radicare il culto religioso nei loro possedimenti, anche se
apparentemente contraddittorio, troverebbe una conferma nel fatto che lo stesso
Santo viene venerato anche in altre località assoggettate al loro dominio.
Come Borgotaro, Ferriere e Isola di Compiano. In quest’ultimo paese in
particolare, nei primi due giorni di settembre, si tiene tuttora, la fiera
millenaria di san Terenziano.
Terza ipotesi: l’antica diocesi tortonese
Una delle piazze più belle di
Tortona è intitolata a Obizzo Malaspina. E per comprendere il legame della
città piemontese con il sanguigno rappresentante dell’illustre casato, dobbiamo
calarci nei non sempre idilliaci rapporti, tra il medesimo e Federico
Barbarossa. È nel 1154 che probabilmente Obizzo conquista l’imperitura
riconoscenza dei tortonesi, difendendo con veemenza la città, assediata dal
Barbarossa.
Stremata dalla fame, ma soprattutto dalla sete, Tortona sarà costretta alla
resa. Ma il Malaspina nella sfortunata circostanza, esaltò le sue naturali doti
combattive e suscitò un sentimento d’ammirazione generale. Ma oltre a questo
richiamo di storia medievale, la città piemontese rientra nella tematica di questo
modesto lavoro, per il suo antico culto verso San Terenziano. Che si tratti
dello stesso Martire Vescovo di Todi non è certo e la questione è fonte di
dotte discussioni.
Io che dotto non sono, mi limito ad osservare che autorevoli fonti agiografiche
ritengono che si tratti dello stesso Santo. Non solo, ma la circostanza che
venga festeggiato il primo di settembre, non mi sembra irrilevante. Ma pur
ammettendo che possa trattarsi di un caso di omonimia, è possibile che il culto
si sia comunque radicato e propagato, seppur viziato da un iniziale equivoco.
E siccome risulta documentalmente che nel XVI secolo la chiesa di Rezzoaglio
dipendeva dalla diocesi tortonese, si potrebbe ipotizzare che la fama del santo
sia giunta sulle rive dell’Aveto attraverso l’attività pastorale diocesana. Non
solo, ma nell’Archivio Storico di Milano è conservata una controversia del
1187, tra la chiesa di San Guglielmo di Tortona e il monastero di San Pietro in
Ciel D’Oro di Pavia circa il possesso della chiesa avetana dell’Alpelonga con
il suo ospitale. Questo certifica che i tentativi di dominatus del clero
tortonese nel nostro appennino, si possono far risalire addirittura al XII
secolo.
E comunque le tracce dell’influenza che la chiesa tortonese ha esercitato sulla
comunità religiosa della nostra valle, sono riscontrabili osservando le
titolazioni attuali delle parrocchie della diocesi piemontese. Ben dodici sono
dedicate a San Michele Arcangelo e a San Lorenzo. Quattro a San Rocco e San
Bernardo. Cinque a San Bartolomeo. Nulla ci vieta dunque di attribuire, al
culto rezzoagliese verso San Terenziano, lo stesso percorso.
All’inizio di questa lunga
trattazione sul patrono di Rezzoaglio, mi ero riproposto di collocare
cronologicamente l’inizio del culto medesimo.
Devo ammettere che rispondere con certezza a questa domanda mi è impossibile.
Posso solo affermare che ognuna delle tre ipotesi avanzate reca dentro di sè un
segmento temporale, nel quale verosimilmente avrebbe potuto realizzarsi. Quella
che fa capo alla via Francigena potrebbe far risalire il culto intorno ai
secoli X - XI.
Mentre quella legata alla dominazione malaspiniana intorno ai secoli XIV - XV.
Infine l’ipotesi tortonese, potrebbe collocarsi agli inizi del XVI secolo.
Naturalmente non credo di dover faticare molto per convincervi della fragilità
di questi dati, che rimangono pur sempre indicativi ed aleatori.
A conclusione di questa
monografia su San Terenziano, debbo confessarvi che nell’apprestarmi a
redigerla, ritenevo che il pericolo maggiore fosse quello che derivava dalla
penuria di elementi storiografici.
D’altronde, mi ripetevo una ricerca è fatta di dati come una casa è fatta di
pietre. Ma un ammasso di dati non è una ricerca, più di quanto un mucchio di
pietre non sia una casa. E allora forse, possono bastare queste poche e
frammentarie notizie per raccontare questo straordinario percorso di fede. Che
di generazione in generazione si è imposto come un asse, intorno al quale
danzano i secoli.
Link
www.valdaveto.net
http://www.valdaveto.net/documento_726.html
[1] G. Fontana, "Rezzoaglio e Val d’Aveto - Cenni storici ed episodi", Rapallo 1940, Scuola Tipografica Emiliani
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BRIZZOLARA, Massimo, «San Terenziano: da Todi a Rezzoaglio, un lungo percorso di fede», Capranica Storica, 01/09/2018 - URL: https://www.capranicastorica.it/2018/09/san-terenziano-da-todi-rezzoaglio-un.html
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