venerdì 8 maggio 2020

Il gruppo scultoreo di Eros e Psiche da Villa San Giovanni in Tuscia

Il gruppo scultoreo di Eros e Psiche conservato a Villa San Giovanni in Tuscia

di Micaela Merlino

Il centro urbano di Villa San Giovanni in Tuscia è sorto, forse nel corso del Medioevo, sulle rovine di una villa rustica romana la cui prima fase costruttiva è databile verso la fine del II secolo a.C., ma con una continuità di vita fino a circa il IV secolo d.C. Nel 1961 in Piazza del Comune, durante i lavori per la costruzione dell’acquedotto, furono messi in luce alcuni muri in opus caementicium (opera cementizia) disposti ortogonalmente. Questi circondavano un piano di calpestio ricoperto con intonaco idraulico, nel quale si apriva un foro di scarico con relativo tappo in peperino. I resti furono riferiti ad un originario impluvium, cioè una piccola vasca di raccolta dell’acqua piovana, che probabilmente si trovava al centro dell’atrium.

Possiamo farci un’idea dell’abbinamento architettonico atrium-impluvium osservando, ad esempio, l’atrio della “Casa del Fauno” a Pompei. Nell’interro dell’atrium della villa fu rinvenuto il bel gruppo scultoreo di Eros e Psiche, in marmo bianco, che forse in origine si ergeva al di sopra di un supporto fissato al centro dell’impluvium a scopo decorativo. Tuttavia è anche possibile che esso fosse posizionato in un altro punto dell’atrium, ma sempre con funzione decorativa. Oggi è conservato all’interno di una bacheca nella Sala Consiliare del Comune di Villa San Giovanni in Tuscia. Il gruppo raffigura i due personaggi principali di un famoso mito greco, quello dell’amore tra il dio Eros e della fanciulla Psiche, che affonda le sue origini in un’antica storia tramandata oralmente, al cui nucleo originario si aggiunsero via via altri elementi narrativi.

Statua di Eros e Psiche detta "Il bacio Capitolino", Roma, Musei Capitolini

In età romana il mito fu messo per iscritto da Lucio Apuleio di Madaura (125 circa d.C.-170 circa d.C.) nell’opera “Metamorphoseon libri XI”, meglio conosciuta come “Le Metamorfosi”. Psiche era una giovane donna talmente bella, da essere paragonata ad Afrodite. Allora la dea, invidiosa, per vendetta affidò  a suo figlio Eros la missione di far innamorare la fanciulla dell’uomo più brutto della terra, affinché fosse ricoperta di ridicolo e di vergogna. Ma Eros nello scoccare la freccia sbagliò il bersaglio, non colpendo Psiche bensì il suo stesso piede. Dunque all’istante se ne innamorò perdutamente e, con l’aiuto di Zefiro, la condusse nel suo palazzo. Non volle, però, svelarle la sua vera identità, quindi le fece promettere di non chiedere mai chi fosse veramente e la incontrò soltanto di notte, affinché l’oscurità celasse ancora di più il suo aspetto. Tuttavia con il passare dei giorni le gelose sorelle di Psiche insinuarono nella sua mente il dubbio, che la ritrosia del suo amato nello svelarsi a lei completamente in realtà derivasse dal suo aspetto mostruoso, che voleva nascondere. Mossa da una irrefrenabile curiosità, per appurare la verità la fanciulla di notte si avvicinò ad Eros addormentato, recando in mano una lampada con la quale illuminare il suo volto. Ma una goccia di olio cadde sul corpo del dio, che immediatamente si svegliò. Deluso poiché Psiche aveva infranto la promessa, e perché ormai aveva scoperto il segreto, immediatamente la abbandonò causando in lei un dolore struggente. Psiche disperata cominciò a vagare alla ricerca del suo amato, finché arrivò proprio nel tempio di Afrodite, la quale la sottopose ad una serie di ardue prove, compresa la discesa negli Inferi. Infine Zeus, impietosito dalle vicissitudini della fanciulla, la fece riunire ad Eros, e sposandolo divenne ella stessa immortale. Il gruppo scultoreo da Villa San Giovanni in Tuscia presenta un’ iconografia riconducibile ad un originale greco, databile tra la seconda metà del III e la prima metà del II secolo a.C. Eros è raffigurato a destra, dietro le spalle mostra l’attacco delle ali, con il braccio destro cinge la spalla sinistra di Psiche attirandola a sé per baciarla, mentre con il braccio sinistro la stringe all’altezza del suo fianco sinistro. La figura di Psiche è purtroppo mutila, mancano infatti sia la testa che l’avambraccio destro. Tuttavia in origine doveva avere anch’essa due ali, il braccio destro poggiava sul braccio sinistro di Eros, e con la mano forse accarezzava il mento del dio. Inoltre con il braccio sinistro lo stringeva all’altezza della sua spalla destra, e la mano aperta era delicatamente appoggiata sulla sua testa. Per ragioni stilistiche il gruppo scultoreo si data verso il III-IV secolo d.C., tenuto soprattutto conto della resa della capigliatura di Eros, che è l’elemento più caratterizzante. Il dio presenta un’acconciatura in morbide ciocche a chiocciola segnate da profondi solchi, che conferiscono alla superficie del marmo suggestivi effetti di chiaroscuro. Per ottenere questo risultato lo scultore antico utilizzò il “trapano corrente”, uno strumento manovrato a mano in grado di scavare in modo continuo profonde fessure nella pietra, crendo al contempo anche numerosi rilievi.

Pompei, Casa del Fauno, l'atrium con l'impluvium

L’ampio uso del “trapano corrente” iniziò durante il regno degli imperatori Antonino Pio (138-161 d.C.) e Marco Aurelio (161-180 d.C.), e continuò anche nei secoli seguenti nella scultura di Età Tardoantica. Per la presenza dell’attacco delle ali nella figura del dio, il gruppo scultoreo di Eros e Psiche da Villa San Giovanni in Tuscia trova confronti con altri due gruppi scultorei simili, uno rinvenuto ad Ostia Antica ed un altro conservato a Dresda in Germania. E’ significativo il fatto che nel VI secolo a.C. in Grecia esistettero due iconografie del dio, cioè due modi un po’ diversi di raffigurarlo: senza le ali ad Atene e in Attica, con le ali a Sparta e in Laconia. La figura di Eros fu molto rappresentata in Età Ellenistica (323 a.C.-30 a.C.), soprattutto in associazione con Afrodite, ma anche con altre divinità, ad esempio Eracle, e persino con animali (delfini, cervi, uccelli). Il dio senza ali è, invece, raffigurato nel famoso gruppo scultoreo di Eros e Psiche rinvenuto nel 1749 a Roma sull’Aventino, detto il “Bacio Capitolino”, una copia di età romana di un originale greco datato al II secolo a.C. conservata nel Museo Capitolino. La favola di Eros e Psiche ha dato adito a diverse chiavi di interpretazione, tra le quali una fa riferimento alla concezione platonica dell’Eros come mania divina. Infatti nel dialogo “Fedro” il filosofo greco Platone (428/427 a.C.- 348-347 a.C.) per spiegare la natura tripartita dell’anima immortale, mossa da tipi diversi di amore, ha utilizzato l’efficace metafora della biga alata: l’auriga è la ragione umana, il cavallo nero l’anima concupiscibile che soggiace ad desiderio, il cavallo bianco l’anima irascibile mossa dalla volontà e più docile ai dettami della ragione. Comunque sia si tratta di un mito che ha continuato ad affascinare gli artisti anche in epoche a noi più vicine, come testimonia lo stupendo gruppo scultoreo di Amore e Psiche in stile neoclassico scolpito da Antonio Canova (1757-1822) verso la fine del XVIII secolo, oggi conservato nel Museo del Louvre di Parigi.

Antonio Canova, Amore e Psiche, Parigi, Museo del Louvre


Per citare questo articolo

MERLINO, Micaela, «Il gruppo scultoreo di Eros e Psiche da Villa San Giovanni in Tuscia», Capranica Storica, 01/05/2020 - URL: https://www.capranicastorica.it/2020/05/il-gruppo-scultoreo-di-eros-e-psiche-da_8.html

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