di Antonio Barella
Quelle che seguono sono la prima parte delle note di conversazione, tratte da un incontro curato dall'Arch. Antonio Barella durante il primo corso per accompagnatori cittadini, organizzato dall'Associazione Capralica 2000 e svoltosi nell'inverno 2018-2019.
La storia geologica del Lazio ha inizio circa 5 milioni di anni fa quando il mare lambiva i monti Sabini ed il monte Soratte ed i monti Cornicolani erano praticamente delle isole. Intorno a 600.000 anni fa iniziarono a verificarsi grossi cambiamenti geologici dovuti ai vulcani. Il Tevere già esisteva con un percorso diverso dall’attuale. Le prime comunità umane nella zona di Roma risalgono a 65.000 anni fa.
Fig. 1 - Il Lazio nella preistoria |
E’ difficile stabilire quale sia stato, nella nostra zona, il primo rapporto dell’uomo con il territorio. Alcune ricerche archeologiche mostrano tracce di presenza umana in zone come i bacini lacustri e i monti. Gli uomini avevano problemi di sostentamento (raccolta frutti selvatici, caccia, pesca) e preoccupazione di proteggersi dalle intemperie, e per ciò abitarono nelle numerose caverne presenti nel territorio. Con le glaciazioni nacque la necessità di spostarsi a caccia di animali migratori, ma quando il clima si fece più mite l’attività umana subì un cambiamento decisivo. Si passò all’allevamento del bestiame, fonte sicura di sostentamento, che comportava un periodico spostamento in cerca di pascoli. In questo periodo si formarono i percorsi di transumanza che impressero nel terreno il primo segno duraturo.
Fig. 2 - Percorsi di transumanza |
L’elemento caratterizzante di questa epoca che chiameremo protostoria fu la rivoluzione agricola. I nostri antenati si resero conto che dai semi delle piante nascevano piante esattamente uguali alle prime: cioè la semina. Iniziò quindi con la lavorazione del terreno la primitiva agricoltura. Vi erano però dei limiti allo sfruttamento del terreno, che si impoveriva presto. Si era costretti ad abbandonare la zona coltivata e trasferirsi in zona vergine. Di qui la nascita del nomadismo agricolo, che comportò un tipo di insediamento mobile, che in seguito si chiamerà pagus.
Il flusso di uomini proveniente dal nord si muoveva via terra e quindi impiegò parecchi anni nei suoi percorsi migratori, mentre il gruppo arrivato nel sud arrivò via mare e si insediò subito nei territori di destinazione. Anche gli Etruschi arrivarono via mare. Erodoto asserisce che provenissero dalla Lidia. In effetti il popolo etrusco è stato probabilmente un coagulo di popolazioni provenienti dal mare che si unirono con popolazioni autoctone e con gli altri flussi migratori provenienti dal nord, che diedero luogo ad un mix di etnie e di culture. Gli ultimi flussi migratori intorno all’VIII secolo a.C. provenienti dall’Egeo fondarono a sud dell’Italia insediamenti importanti, che formarono quella che venne poi chiamata Magna Grecia.
Con l’avvento della civiltà etrusca (VIII° - IV° sec. A.C.) prendono consistenza i pagus fortificati, posti alla confluenza di due torrenti ed irrobustiti da possenti mura, assumendo la caratteristica forma a fuso. Questi insediamenti, posti in relazione ai principali crinali, formano dei veri e propri sistemi territoriali ed aspitano le sedi della lucumonie: Vulci, Tarquinia, Caere, Vejo, Ferento, Salpinum(Orvieto), e le falische Capena e Falerii Veteres poste tutte alla testata di uno o più crinali, in prossimità di un’apertura esterna (approdo marino o guado fluviale). Questi sistemi etruschi sono caratterizzati da una prevalente direzionalità antipeninsulare che deriva non solo dalla morfologia dell’area ma anche dal grado di coscienza territoriale raggiunto da quella società.
Successivamente, con i miglioramenti dell’agricoltura per quanto riguarda sia l’attrezzatura che la tecnica di coltivazione (maggese), emerse la necessità di operare modifiche permanenti sul territorio, sia cunicoli e canali artificiali per lo scolo delle acque e per l’irrigazione, sia di tracciati che potessero superare gli ostacoli naturali dei corsi d’acqua. Questo pose le basi per quello che sarà il paesaggio agrario caratteristico dell’Alto Lazio e comportarono la necessità di creare nuovi assi di sistema che coincisero con i percorsi di fondovalle paralleli ai corsi d’acqua principali, da integrare ai percorsi principali esistenti.
Inoltre gli insediamenti si arricchiscono di nuovi centri di pertinenza agricola, a minor impronta difensiva, determinati dai nuovi assi di penetrazione: Tuscania, posta in zona collinare e costituente il più importante centro agricolo dell’hinterland di Tarquinia; Locus Feroniae, nella zona tiberina e costituente mercato e centro agricolo; i centri lacustri di Visentium saldato al sistema di Tarquinia, di Sabate saldato al sistema di Caere. Il periodo di massima fioritura artistica e culturale e massima estensione territoriale coincise con l’incremento dei commerci ultramarini, la cui apertura era costituita dalla Valle del Tevere che richiedeva la necessità di attraversamenti stabili dalla costa ai guadi tiberini.
Il pellegrinaggio a Roma, in visita alla tomba dell'apostolo Pietro, era nel Medioevo una delle tre peregrinationes maiores insieme alla Terra Santa e a Santiago di Compostela. Per questo l'Italia era percorsa continuamente da pellegrini di ogni parte d'Europa. Molti si fermavano a Roma, gli altri scendevano lungo la penisola fino al porto di Brindisi e da lì si imbarcavano per la Terra Santa. I pellegrini provenienti soprattutto dalla terra dei Franchi, in età post carolingia cominciarono a valicare le Alpi ed entrare in Italia. I primi documenti d'archivio che citano l'esistenza della Via Francigena, risalgono al IX secolo e si riferiscono a un tratto di strada nell'agro di Chiusi, in provincia di Siena: il nome Via Francigena è attestato per la prima volta nell'Actum Clusio, una pergamena risalente al 876 conservata nell'Abbazia di San Salvatore al Monte Amiata. Mentre al X secolo risale la prima descrizione del percorso: si tratta della relazione che il vescovo Sigerico fece del percorso di ritorno del pellegrinaggio che fece da Roma, per poi ritornare a Canterbury, su quella che già dal XII verrà largamente chiamata Via Francigena. Il documento di Sigerico rappresenta una delle testimonianze più significative di questa rete di vie di comunicazione europea in epoca medioevale.
Fig. 6 - Il tracciato odierno della Via Francigena nel tratto capranichese |
Con l'itinerario primitivo, dal X al XII secolo, si entrava in territorio italico dal colle del Gran San Bernardo, da dove si scendeva in Valle d'Aosta e poi a Ivrea, quindi a Vercelli. Poco prima di condurre i pellegrini a Roma la via Francigena ospitava, a partire dal X secolo, il lazzaretto di Roma presso la chiesa di San Lazzaro dei lebbrosi. La presenza di questi percorsi, con la grande quantità di persone provenienti da culture anche molto diverse tra loro, ha permesso un eccezionale passaggio di segni, emblemi, culture e linguaggi dell'Occidente Cristiano. Un passaggio continuo che ha permesso alle diverse culture europee di comunicare e di venire in contatto, forgiando la base culturale, artistica, economica e politica dell'Europa moderna; è nota la frase del poeta Goethe secondo cui la coscienza d'Europa è nata sulle vie di pellegrinaggio.
Per citare questo articolo
BARELLA, Antonio, «La viabilità antica nel territorio capranichese», Capranica Storica, 25/04/2020 - URL: https://capranicastorica.blogspot.com/2020/06/la-viabilita-antica-nel-territorio.html
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