venerdì 26 novembre 2021

Caro Vittorio. Ricordo di Vittorio Emanuele Giuntella nel venticinquesimo anniversario della morte.



di Antonio Sarnacchioli

A 25 anni dalla morte dello storico "etrusco" (e capranichese d'adozione), Capranica Storica gli dedica due articoli. In quello di oggi, Antonio Sarnacchioli, suo più stretto collaboratore capranichese in iniziative e pubblicazioni, attraverso una serie di propri ricordi, intimi e inediti, ne presenta la personalità profonda e coerente di un uomo con "una cultura tanto solida e di una semplicità e umiltà incredibili". Nel primo, uscito la settimana scorsa, Fabio Ceccarini ne ha ripercorso invece le tappe più significative della vita e dell'opera.

Lo  incontrai per la prima volta ad un esame di Storia dell’età dell’Illuminismo alla Sapienza. La sua figura ieratica, confesso, metteva una certa soggezione, accrescendo l’ansia già alta di suo, tanto che alla prima delle tre domande della prova, risposi affastellando maldestramente notizie e date decisamente sconclusionate. Mi rendevo conto, dalle espressioni del volto e dalla mano che si agitava nervosa tra la barba, che stavo combinando un pasticcio. Meno male che le domande che seguirono ottennero risposte abbastanza conformi ai dettami della storia, e il viso tornato disteso, faceva ben sperare. “Le do 29 perché mi ha massacrato la prima domanda!” Questo fu il verdetto. Tirai un sospiro di sollievo. “Ma lei è di Capranica! Mi conosce?" “l’ho vista qualche volta in paese”. “ Mi venga a trovare…”.

Così iniziò la nostra amicizia. Di lui vorrei ricordare soprattutto l’aspetto umano, la sua personalità. Scoprii una figura meravigliosa, di una profondità e coerenza insospettata. Nei lunghi e frequenti colloqui che seguirono al casale della Trinità ebbi modo di conoscere la sua storia, la sua famiglia. Soprattutto mi impressionavano le memorie delle vicende tragiche della guerra che lo coinvolse in prima persona, come tenente degli alpini, come prigioniero prima dei Greci, poi dei tedeschi nei lager degli internati militari italiani. Mentre mi raccontava il calvario di quegli uomini tra fame e umiliazioni di ogni genere, mi meravigliavano i suoi lucidi giudizi su personaggi e avvenimenti, e soprattutto le sue riflessioni cariche di una umanità sconvolgente. Che abisso tra le notizie lette sui libri e i fatti raccontati da chi li aveva realmente vissuti sulla propria pelle! Sempre ottimista, sempre dalla parte dei perseguitati, non mancava tuttavia nei suoi racconti di evidenziare addirittura qualche aspetto umoristico della situazione, malgrado la tragicità del momento. Come quella volta che nella sua baracca, sentendo tra le urla strazianti di un internato che veniva medicato alla meglio da medici italiani, pure internati, fu colpito da inequivocabili  imprecazioni contro San Terenziano, nostro patrono. Capì che si trattava di un capranichese e allora intervenne impegnando una serrata conversazione col poveraccio, che anestetizzato in qualche modo dal ricordo del paese, dava modo ai medici di lavorare con più efficacia.

Non posso non ricordare un altro episodio, che poteva finire veramente in tragedia. Al ritorno da una massacrante giornata trascorsa sui campi di lavoro, sul camion un milite delle SS scoprì un detenuto in possesso di una carota che spinto dalla fame si era nascosta addosso. Ne seguì una furiosa raffica di urla contro il poveretto annichilito dalle minacce e dal mitra puntato sul petto, tra l’attesa mortale di tutti i prigionieri ammassati sul mezzo che aspettavano terrorizzati il tragico finale. Ma all’improvviso si levò dura e imperiosa la voce di Vittorio che, in tedesco, guardandolo negli occhi, urlò al soldato: ”Non si permetta di trattare un uomo in questo modo!...” Seguì un silenzio ancora più tragico. Ognuno tremava per le prevedibili conseguenze di quel pur coraggioso gesto. Successe un fatto incredibile. Dopo lunghi attimi di trepidazione, il milite, forse toccato nella parte più inaccessibile del cuore, non sostenne quello sguardo, girò su se stesso e si allontanò muto dalla vittima incredula.

Più di una volta mi permisi di suggerire a Vittorio di raccogliere in un’opera i tantissimi episodi come questi perché non andasse perduto un patrimonio di umanità così prezioso. Allora, sollevava le sopracciglia e sospirando accennava sempre ad un sorriso, come per dire: ”Eh, chissà… vedremo…

In quegli incontri mi rendevo conto dello spessore dell’uomo che avevo davanti, di una cultura tanto solida e di una semplicità e umiltà incredibili. Oggi mi sento fortunato di aver potuto collaborare con lui nel mettere in piedi un progetto a favore dei giovani di Capranica, che si tradusse nella fondazione del Centro Maria Loreta, a ricordo della sua amata consorte da poco deceduta, un organismo duttile dove si realizzarono interessanti e variegate iniziative culturali capaci di aprire orizzonti fino ad allora impensati per la formazione dei giovani del paese: conferenze tenute da illustri studiosi suoi amici, dibattiti, ricerche nell’archivio Storico Comunale di Capranica, (poi pubblicate tra la gioia e la soddisfazione della quindicina di ragazzi che partecipavano), documentazioni fotografiche del vecchio centro storico, mostre di pittori locali, cineforum, escursioni archeologiche sul territorio e tanto altro, animarono notevolmente la vita di quegli anni.

L’idea di raccogliere i ricordi  e le esperienze dei soldati capranichesi che parteciparono alla seconda Guerra Mondiale, riscosse il favore entusiastico pure dei ragazzini di II B (poi III) della Scuola Media, che armati di registratori rastrellarono il paese alla ricerca di anziani disposti a raccontare le loro imprese di guerra. E così quasi per gioco venne alla luce una bella pubblicazione di memorie altrimenti condannate all’oblio (CAPRANICA E LA SECONDA GUERRA MONDIALE); l’operazione fu fortemente voluta, supportata e anche finanziata dal vecchio tenente degli alpini, sempre positivo e sinceramente ammirato delle relazioni e delle notizie riportate dai piccoli investigatori diventati protagonisti.

Caro Vittorio, mi fermo qui nel raccontare.

Ti confesso che dopo 25 anni dalla tua morte, provo disagio e un senso di vuoto a richiamare ricordi dei tanti momenti costruttivi vissuti insieme, e mi domando: siamo stati capaci di continuare con i nostri soli mezzi l’opera da te iniziata? Per me sei stato un padre affettuoso e lungimirante che mi ha aperto gli occhi su tante realtà della vita, comprensivo dei miei limiti e rispettoso delle mie convinzioni. Forse come comunità di Capranica non abbiamo saputo capire ed apprezzare al meglio il tuo spirito, il tuo immenso amore per la libertà, il tuo messaggio di gratuità, in fondo il tuo valore. Ma la realtà consolante è un’altra: la tua eredità spirituale non è andata perduta; posso credere a ragione che un piccolo tesoro è custodito nel cuore di molti di quei giovani che ti hanno conosciuto e amato, e che oggi da uomini e donne adulti, con la loro vita e il loro impegno nel sociale testimoniano quei valori di profonda umanità che tu col tuo esempio ci hai trasmesso. Grazie Vittorio.

Vittorio Emanuele Giuntella (a destra) e Pier Luigi Nicolini (a sinistra), come testimoni di nozze al matrimonio di Antonio Sarnacchioli (foto prop. Antonio Sarnacchioli)

Per citare questo articolo

SARNACCHIOLI, Antonio, «Caro Vittorio. Ricordo di Vittorio Emanuele Giuntella nel venticinquesimo anniversario della morte.», Capranica Storica, 26/11/2021 - URL: https://www.capranicastorica.it/2021/11/caro-vittorio-ricordo-di-vittorio.html

Licenza Creative CommonsQuesto articolo di Antonio Sarnacchioli è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.

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