venerdì 2 giugno 2023

Festa della Repubblica: il testo dell'intervento di Giuseppe Morera in occasione del quarantennale

di Giuseppe Morera

In occasione della Festa della Repubblica, pubblichiamo il testo - inedito - dell'intervento di Giuseppe Morera in occasioni delle celebrazioni del quarantennale della Repubblica, pronunciato nella Chiesa di San Francesco il 2 giugno 1986.

1946-1986 - Celebrazione del quarantennale della Repubblica.

Quarant’anni di repubblica a Capranica

Testo dell’intervento di Giuseppe Morera

2 giugno 1986 - Chiesa di S. Francesco[1]

Il panorama capranichese del secondo dopoguerra sopravvenuto alla sconfitta, presenta aspetti diversi e, paradossalmente più positivi, rispetto a quelli manifestatisi dopo la fine vittoriosa della prima guerra mondiale.

Nelle strade di Capranica, all’indomani della smobilitazione susseguita alla fine della prima grande guerra, passeggia un esercito di disoccupati. Sono, in maggioranza, ex combattenti, contadini o braccianti senza lavoro perché l’incremento demografico ha gettato sul mercato della manodopera braccia valide che non trovano adeguate superfici di terra da lavorare. La sovrabbondanza esisteva già prima del 24 maggio 1915, ma i richiami alle armi l’avevano messa momentaneamente in mora.

Ai senza lavoro agricoli si aggiungono gli artigiani che a causa del conflitto non hanno potuto completare il periodo di apprendistato o comunque conseguire una sistemazione in proprio. Vi si aggiungono anche i pochi studenti che hanno dovuto interrompere gli studi e modesti impiegati saltuari e, avventizi che da reduci non trovano più il piccolo buco dove erano riusciti a ficcarsi. La gente li definisce “senza arte né parte”.

Gli ex combattenti, disoccupati o più genericamente, insoddisfatti, hanno acquisito la convinzione· di non aver colto neanche in minima parte i frutti della vittoria di cui erano stati i più importanti e determinanti artefici.

Le tensioni sociali che scuotono l’intera nazione si riproducono violente nel microcosmo capranichese: il tumulto contadino esplode minaccioso e culmina con l’invasione delle terre. La disoccupazione si accompagna a una profonda depressione economica. Circola pochissimo denaro liquido. Parafrasando una celebre canzone allora in voga, a carnevale la gente canticchia, con triste ironia: “Pavili so’ finiti tutti i pavili[2].

Diversa la situazione del ‘45. I sacrifici e le dolorose perdite di vite umane falciate non solo tra i mobilitati ma anche tra i civili (ricordiamo le innocenti vittime della rappresaglia, assurda e indiscriminata) non hanno piegato la popolazione.

Anzi essa, coinvolta direttamente nel turbine della guerra dai bombardamenti e dall’invasione, si è fortificata alla severa scuola della lotta per resistere all’occupante, ha ritrovato fiducia in sé stessa e nei propri mezzi, ha riscoperto i valori e i vantaggi che la vita, in una piccola comunità, offre.

Molti dei numerosissimi capranichesi inurbati nel ventennio tra le due guerre, qui sfollati, rinunciano a rientrare in città, e molti di quelli che lavorano a Roma preferiscono fare i pendolari piuttosto che risiedervi stabilmente. La coscienza di essere tutti corresponsabili del disastro immane fa prevalere sulla rivendicazione l’ansia del riscatto. Si manifesta una volontà di ripresa, di ricominciare tutto daccapo, di evitare ogni recriminazione. Questa tenace determinazione, umile e al tempo stesso orgogliosa, costituirà il lievito vero della miracolosa rinascita.

La tradizionale solidarietà capranichese, di cui è manifestazione esteriore il nostro, spiccato spirito di campanile (che è poi in chiave paesana, quel sentimento nobilissimo che nelle forze armate si chiama spirito di corpo) uscì dalla guerra rafforzata. Rafforzata dalla comune paura dei tedeschi, dall’omertà stabilitasi per salvaguardare la vita di sbandati o ricercati, dalla necessità di tutti, “signori” e gente minuta, di far ricorso al mercato nero: un particolare tipo di negozio che richiede una catena di operatori - complici strettamente collegati.

Capranica, compatta nella resistenza all’invasore, tanto che non fu possibile trovare un solo cittadino disposto ad assumere l’incarico di segretario politico del “fascio” di cui i tedeschi patrocinavano la ricostituzione, fu altrettanto compatta nel respingere a liberazione avvenuta, rappresaglie politiche.

In questo clima di consapevole necessità di riparare i guasti della guerra, di rafforzata solidarietà, di comune volontà di ricominciare tutto daccapo, di voglia dei più giovani di presto ripristinare una condizione che avesse loro permesso di concedersi gli onesti divertimenti che la guerra gli aveva negato, si arriva al 2 giugno 1946, data fissata per il referendum istituzionale.

Ebbene, quel giorno, a Capranica, la Repubblica nasce con fortissimi connotati monarchici. Dei 2209 voti validi, 811 andarono alla repubblica, 1398 alla monarchia[3]. La Provincia di Viterbo, nel suo complesso si espresse con largo margine a favore della forma repubblicana (75 mila voti contro 61 mila).

Dei 59 Comuni che, all’epoca, ne facevano parte, 39 (capoluogo compreso) quasi tutti situati nella parte settentrionale, ebbero maggioranza repubblicane e 20, quasi tutti posti a Sud di Viterbo, videro prevalere la monarchia. Nel voto monarchico a Capranica fecero compagnia i Comuni di Barbarano, Bassano, Bieda, Caprarola, Carbognano, Castel S. Elia, Monteromano, Monterosi, Ronciglione, S. Giovanni di Bieda, Sutri, Veiano, Vetralla.

Il risultato della votazione, accettato senza riserva, non lasciò traccia minima di solchi tra i fautori di opposti schieramenti i cui appartenenti erano perfettamente e reciprocamente conosciuti.

Primo Sindaco, democraticamente eletto, fu Antonio Buzi. L’intelligente sfruttamento che egli seppe fare delle leggi sui danni di guerra, fece cadere su Capranica una pioggia di milioni non ancora svalutati. Per il suo “Piano di Ricostruzione” il nostro paese ebbe stanziamenti per 75 milioni, a fronte dei 90 avuti dal capoluogo in cui i bombardamenti avevano distrutto interi quartieri e provocato centinaia di vittime.

Altri considerevoli benefici furono tratti dalla Legge Tupini per la costruzione di case popolari e alloggi di cooperative.

È l’inizio del decollo. Si ricomincia a costruire, la disoccupazione scema rapidamente.

Anche la geologia, nel secondo dopoguerra, giocò in nostro favore. I desolati. monti dell’Emme, di S. Donato, di S. Elia, posti nell’estremo lembo del territorio comunale a ponente della ferrovia Roma - Viterbo, non appartengono al sistema vulcanico Cimino - Vicano. Sono le ultime propaggini orientali del vulcano spento tolfetano. Questa lontana parentela di una piccola periferica nostra zona con i Monti della Tolfa permise di includere “tutto” il territorio comunale entro il comprensorio di bonifica denominato Ente Maremma[4]. I benefici effetti della creazione dell’Ente si videro presto e furono molto superiori alle più ottimistiche previsioni. Dieci famiglie contadine divennero proprietarie di altrettanti poderi; a 202 braccianti agricoli nullatenenti vennero assegnate altrettante quote ricavate dagli scorpori.

Ma l’effetto più importante conseguito dall’Ente di Bonifica fu quello di smorzare, sul nascere, i sintomi di una risorgente, pericolosa tensione sociale.

Sui suoli assegnati dall’Ente Maremma e sulla generalità delle proprietà storiche preesistenti, prese frenetico avvio la coltura del nocchieto, rivelatasi, nei nostri terreni, straordinariamente remunerativa e sulla cui produttività non ha riflessi negativi l’eccessivo frazionamento proprietario in cui è sminuzzato il nostro territorio.

Con felice intuizione del prevedibile andamento positivo dell’economia capranichese, allo scadere del ‘50 un gruppo di pionieri dà vita all’Istituto di Credito locale denominato Cassa Rurale e Artigiana che si rivelerà strumento determinante del nostro progresso economico[5].

In campo nazionale la ricostruzione provoca una corrente migratoria dai piccoli centri verso la città. La tendenza allo spopolamento, fortissima nell’Alto Viterbese e nella fascia di - territorio compresa tra la Cassia e l’Aurelia a sud del Capoluogo è da noi insensibile nei dieci anni successivi (4124 ab. nel ‘61): assume andamento preoccupante intorno al ‘71 in cui si registra un calo di residenti di circa 400 unità sui 4214 di venti anni prima. Ma la flessione risulta già colmata nel decennio successivo. Dal 1981 a oggi si avverte la tendenza a una, sia pur modesta, crescita annuale di abitanti.

Le disponibilità liquide della rendita, da nocchieto si rivolgono quasi esclusivamente all’acquisto della casa. Fino a qualche anno dopo la fine della guerra i 4200 abitanti di Capranica (raggruppati in 1054 famiglie), vivevano compressi in 970 alloggi per un totale di 2247 stanze di cui solo un quarto erano fomiti di acqua potabile e latrina interna. Il censimento del 1981 registra un egual numero di abitanti alloggiati in 1354 appartamenti (anziché 970) per un totale di 5483 stanze (anziché 2247). È importante rilevare che delle 1354 abitazioni occupate nell’81 ben 802 sono di nuova costruzione.

L’indice di affollamento, vale a dire il rapporto tra abitanti e vani occupati scende dal 187% dell’anno 1950 (187 abitanti in 100 vani) al 76%, (76 abitanti in 100 vani) nel giro di soli trent’anni. È questo il dato che meglio rende idea delle migliorate condizioni abitative del nostro paese.

Tenuto conto che in aggiunta alle 802 abitazioni di nuova costruzione occupate, ve ne sono altre 362, anch’esse di nuova costruzione, non occupate in quanto utilizzate come “seconda casa” si arriva alla constatazione che nei 35 anni seguiti alla fine del secondo conflitto mondiale sono state edificate più case di quante ne siano sorte nei mille anni trascorsi dalla fondazione del nostro paese. Uno sviluppo edilizio imponente che nell’ambito della Provincia trova Capranica al secondo posto, dopo Montalto di Castro, nella graduatoria che allinea i dati di crescita di nuove costruzioni, rapportati alla popolazione residente.

La febbre delle costruzioni ha avuto come naturale conseguenza l’incremento degli addetti a tale industria che oggi sono oltre 250. Erano 70 agli inizi degli anni ‘50. Attualmente quella delle costruzioni è la principale industria capranichese; per numero di unità lavorative impegnate occupa il decimo posto nella graduatoria provinciale (avuto riguardo alla popolazione Capranica è al 15° posto).

Per effetto della motorizzazione agricola gli addetti all’agricoltura che nel’51 erano 1162, scendono a 749 nel’61, a 413 nel ‘71, a 293 nell81. Gli addetti al commercio che nel ’51 erano 90 salgono a 202 trenta anni dopo. Oltre 80 sono oggi gli addetti ai trasporti.

Le trasformazioni avvenute nel quarantennio repubblicano sono numerose e profonde. Il nostro paese ha perduto la sua caratteristica di centro rurale.

L’espansione edilizia è stata imponente, e se è vero, come è vero, che migliorare l’abitazione significa migliorare la qualità dell’esistenza, non possiamo che guardare con compiacimento all’elevazione del tenore generale di vita della nostra popolazione.

Purtroppo la febbre di nuove case presenta un grosso risvolto negativo nello spopolamerito del centro storico il cui salvataggio è problema assolutamente prioritario. Una sua ulteriore decadenza significherebbe la perdita dell’identità dell’agglomerato urbano capranichese del quale tutti noi siamo figli.

Enormemente migliorate appaiono le condizioni economiche e finanziarie generali; ne fanno fede il numero e la qualità dei punti di vendita nonché i dati relativi al risparmio. I depositi presso la locale agenzia della Cassa di Risparmio, sono nell’ultimo quinquennio, quadruplicati. Quelli presso la Cassa Rurale e Artigiana che ascendevano a 39 milioni nel ‘55 sono saliti oltre i 302 milioni nel ‘65; a 2 miliardi e 250 milioni nel ‘75; hanno infine toccato la cifra record di 21 miliardi e 82 milioni alla chiusura dell’ultimo esercizio.

Un enorme balzo in avanti registra il grado medio di istruzione. A fronte dei 30 laureati, 45 diplomati, 66 titolari di licenza media del ‘51 si contano i 44 laureati, (16 femmine), i 279 diplomati (113 femmine), e i 924 licenziati di scuola media censiti cinque anni fa.

Va scomparendo la parlata dialettale. Per parte nostra assistiamo a questa scomparsa con un po’ di nostalgia ma senza eccessivi rimpianti. Proprio il non sapersi esprimere in un accettabile italiano costituiva fino alla vigilia del secondo conflitto mondiale un invalicabile confine classista.

Risultano mutati taluni aspetti secondari del costume tipicamente locali. Ad esempio sono spariti i cosiddetti strateghi e politologi da caffè, usi a pontificare su tutto e su tutti, circondati da un uditorio muto e conformista.

Sorprendente la rigogliosa crescita culturale. Quarant’anni fa, solo pochi iniziati conoscevano il testo di due lettere del Petrarca spedite da Capranica, nel lontano 1337 al suo protettore, il cardinale Colonna; e pochissimi sapevano dell’esistenza di una ricerca sulle qualità terapeutiche della nostra Acquaforte eseguita dal medico francese Charles Thierry e data alle stampe nella seconda metà del ‘700.

Oggi, le pubblicazioni su Capranica non si contano. Appare doveroso attribuire il preponderante merito della riscoperta culturale capranichese all’illustre professore V. E. Giuntella (dell’Università di Roma), che ha residenza tra di noi.

Una notevole trasformazione ha subìto anche l’aspetto del nostro paesaggio. La coltura del nocchieto si è quasi completamente sostituita alle innumerevoli vigne costellate di argentei ulivi.

Le fitte colture di noccioleti si sono felicemente inserite sui nostri terreni piani o dolcemente in pendio in prossimità di altre coltivazioni o di boschi di castagno, o accanto alla distesa dei pini della Trinità.

Scrive la paesaggista Sofia Varoli - Piazza dell’Università di Roma riferendosi al nostro paesaggio:

Nella stagione estiva le superfici coltivate a nocciolo rassomigliano a un giardino per il bel colore cupo del fogliame sul terreno pettinato. In quella invernale gli arbusti di legno chiaro, in regolari filari, si coprono di lunghi amenti che pendono dai rami nudi ed hanno il colore giallo bruno dei tufi…

In mezzo a tanti cambiamenti e trasformazioni, è rimasto fortunatamente intatto l’antico spirito di campanile: quel senso di orgoglio e di fierezza che ci deriva dall’appartenenza alla nostra piccola Patria capranichese.

È questo radicato sentimento che, a conclusione del mio intervento fra prorompere dal mio petto il grido, semplice e bellissimo di: VIVA CAPRANICA.

Giuseppe Morera

2 giugno 1986



 
Note a cura di Fabio Ceccarini

[1] La manifestazione fu voluta dall’allora Amministrazione comunale, presieduta dal Sindaco Anselmo Crocicchia.

[2] Paoli, sono finiti tutti i paoli. Il paolo era la moneta di corso legale nello Stato della Chiesa coniata nel 1540 sotto il pontificato di Paolo III Farnese. Benché da tempo il paolo non fosse più circolante ancora nell’Ottocento, sotto il pontificato di Pio IX, la moneta da 10 baiocchi era popolarmente detta paolo.

[3] La percentuale dei votanti fu notevole: 92,3% pari a 2345 su un totale di 2540 di aventi diritto. Alle elezioni della Costituente, consultazione collegata al referendum, si affermò la Democrazia Cristiana (DC) con 661 voti, seguita dal Partito Socialista (PSIUP) che raccolse 579 voti, dall'Unione Democratica Nazionale (UDN), con 343 voti, il Blocco Nazionale della Libertà (BNL), 147, e dall'Uomo Qualunque (U.Q.) di Giannini, a 130. Altre liste sparse e coalizioni minori totalizzarono 110 voti. In coda il Partito Comunista (PCI) con 58 voti, il Partito Repubblicano (PRI), 42 e l'Alleanza Monarchica (AMI), con 27.

[4] In seguito alla riforma agraria varata dal governo De Gasperi VI e con l’approvazione della cosiddetta “legge stralcio” (L. 21 ottobre 1950, n. 841, Norme per la espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadini), che demandava a vari enti il compito dell'esproprio dei latifondi e la successiva distribuzione a contadini di partite di terreni di determinata superficie, con il D.P.R. 7 febbraio 1951, n. 66 veniva istituito l'Ente per la colonizzazione della maremma tosco-laziale e del territorio del Fucino, detto popolarmente Ente Maremma (nel 1954 le funzioni relative alla bonifica del Fucino furono staccate, e affidate ad un nuovo Ente autonomo).

[5] Il manifesto del comitato promotore, presieduto dal Sindaco Antonio Buzi, porta la data del 14 maggio 1950. L’attività della nuova banca prenderà ufficialmente il via il 12 agosto 1951. Cfr. Tufi Francesco, La Cassa Rurale e Artigiana di Capranica, tip. Spada, Ronciglione (s.d. [1965]), p. 21ss.

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MORERA, Giuseppe, «1946-1986 - Celebrazione del quarantennale della Repubblica. Quarant’anni di repubblica a Capranica», Capranica Storica, 02/06/2023https://www.capranicastorica.it/2023/05/festa-della-repubblica-il-testo.html - URL: https://www.capranicastorica.it/2022/05/di-api-di-leoni-di-capre-e-di-creature.html

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